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1950-1970

1950-1970

Ultima modifica 5 luglio 2024

Nel ventennio 1950-1970 Pero diventa città industriale e luogo di immigrazione.
È curioso vedere come vi fossero2.348 abitanti nel 1911, e 2.643 abitanti nel 1951: nessun mutamento in 40 anni. 
Nel 1961 Pero registra 6.595 abitanti; in 10 anni, cioè, la popolazione cresce più del doppio, aumentando quasi del 250%.
Nel 1971 gli abitanti sono 10.030, quasi cinque volte quelli di venti anni prima.

Sono gli anni dell'industrializzazione di Pero: nei primi anni '50 è stata costruita la raffineria per provvedere al fabbisogno di petrolio della città di Milano, e a poco a poco nel territorio di Pero si sono trasferite le industrie che non trovavano più possibilità di espandersi a Milano. In concomitanza con l'offerta di lavoro, a Pero sono giunti immigrati da tutta Italia: sono state costruite case, strade, scuole, rispondendo al bisogno di insediamento degli immigrati e al bisogno di manodopera delle industrie. In venti anni è stata urbanizzata una grande parte del suo territorio. Non è stata prestata attenzione all'ambiente: l'aria, l'acqua dell'Olona e della falda, il sottosuolo e il suolo sono stati inquinati senza pietà. Chiunque sia passato da Pero in quegli anni ricorda la puzza: un odore acre, pungente, che impregnava tutto. Era l'odore della raffineria, delle fonderie, della produzione dei pesticidi, delle nuvole di vapore oleoso emanato dal raffreddamento dei prodotti delle industrie metalmeccaniche.

Eppure, in questo ambiente così poco gradevole, le persone sono arrivate, si sono fermate, si sono incontrate, hanno dato vita a una nuova comunità. 
E questa comunità è la ricchezza maggiore che Pero ha oggi. In un mondo sempre più globalizzato e atomizzato, senza punti di riferimento certi e duraturi, con una grande difficoltà a individuare i valori che diano senso alla vita di ciascuno, la presenza di persone conosciute, amiche, disposte a dare un aiuto e a prendersi cura degli altri, rappresenta una sicurezza per gli adulti e indica prospettive ai più giovani.

È questo il patrimonio che abbiamo il compito di salvaguardare, di fronte alle nuove trasformazioni che sono alle porte.


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